Non è facile che Longo possa andare a letto con più incubi rispetto a quelli che frequenta in modo consolidato ormai da tanti anni. Ha contribuito a far stringere manette ai polsi di Strangio, Bagarella, Schiavone Sandokan. Fino a quel frastuono nelle orecchie quando è saltata l’autostrada di Capaci. Eppure più d’uno è convinto che dopo la prima “notte di Calabria”, con Spirlì e “Maria” ad accoglierlo alla porta del potere, un paio di filtri di camomilla li richiederà comunque. Perché la “prima” del nuovo commissario dell’era post ridicola (quattro nomination bruciati sul nascere e vicenda ad aprire tutti i tg del Paese) non è una “prima” banale da queste parti. C’è il Covid che non molla, con l’Iss che cataloga come dati spazzatura quelli che arrivano dalla Calabria. Ci sono ospedali da campo ordinati ma senza medici dentro, tende da campeggio allo stato. C’è Strada che atterra a Lamezia ma nessuno gli ha detto che deve fare. Ospedali veri e in cemento e nuovi di zecca, invece, che nessuno mette in funzione. Ci sono tutti i commissari di Asp e ospedali decaduti alla cessazione del veccio decreto Calabria e allo stato senza proroga, una specie di giunga selvaggia e fuorilegge dove nessuno se la sente di firmare niente perché dietro l’angolo arriva poi la Corte dei Conti quando non la procura ordinaria. E poi tanta, tanta, ma proprio tanta nebbia “burocratica”. Non fosse un «servitore dello Stato» e un «uomo delle istituzioni», come lo ha “dipinto” Conte, a Longo solo e soltanto una domanda può essere razionalmente rivolta e cioè se il gioco vale la candela atteso che il “gioco” non è ancora chiaro quale sia e la “candela” nemmeno. Ma Longo ha risposto “presente” alla chiamata e nel primo lunedì utile è piombato alla Cittadella. Ad attenderlo Nino Spirlì, che Longo proverà a rimuovere dal suo immaginario in qualche modo militare, e soprattutto “Maria”, Maria Crocco. Tecnicamente la decaduta vice commissario di Cotticelli, l’indiscussa protagonista trash del fuorionda con il generale cazziato e terrorizzato proprio da “Maria” che non ha esitato a minacciarlo di parlare e di sospingerlo in galera se le cose dovessero un giorno o l’altro finire male. “Maria” che Cotticelli evoca quando si tratta di rintracciare il cartaceo (mai letto) del ministero che informa l’intero ufficio del commissario che il Piano Covid da quelle stanze doveva e deve uscire. Cotticelli lo apprende in diretta nel corso dell’ormai tragicomica intervista dell’anno, quella della sua sostanziale “cacciata”. “Maria”, invece, mostra di sapere tutto benissimo e ancor meglio che è l’intero ufficio a dover rispondere delle (notevoli) inadempienze e lei, dell’ufficio, è stata a parere di chi se ne intende vera e propria “zarina”. Il Cotticelli che da Giletti descrive “l’altro da sé”, il “non ero io”, oppure il Belcastro (altro fuori onda) che narra di Cotticelli che «non capisce un cazzo, il ministero non vuole neanche parlare con lui» altro non “dipingono” se non un’unica tela. A governare per davvero l’ufficio del commissario, solo formalmente abitato dal generale con le stelle, è stata sempre e solo lei, “Maria” Crocco. Che non a caso alla “prima” di Longo ha aperto la porta e ha fatto gli “onori” di casa. Prime movenze, metafore poco interpretative ma certamente “spericolate” di una carta che Crocco si sta giocando (e con lei esoterici club di vertice di Agenas e ministero): restare dentro l’ufficio a fianco di Longo. Della serie, i commissari (veri o finti che siano) possono passare ma lei, “Maria”, può anche restare. Chissà che quadro ne avrà tratto, se ne ha tratto, proprio Longo che però non si è sottratto alla liturgia della “prima”. «La legalità è prioritaria» le sue prime parole ai cronisti. Hai visto mai. «Legalità che rimane centrale – ha poi detto ancora – perché produce servizi migliori, libertà di scelta e, soprattutto, risparmi. Però c’è anche un’altra esigenza altrettanto importante, che è quella di migliorare qualitativamente gli standard della sanità in Calabria. Bisogna migliorare perché la legalità si fa con gli atti e non con le parole. Si fa con i provvedimenti». Già, è proprio così. Specie poi con quelli firmati da un commissario “cosciente”, che non è stato “drogato” e che resta in sé senza sdoppiamento della personalità. Allora sì, forse, promettono bene gli atti. «Da dove parto?» si è chiesto e hanno chiesto a Longo. «Bisogna vedere con i propri occhi, osservare e capire. Capire e poi si può partire sia sul piano della riorganizzazione che su quello dei debiti accumulati in questi anni. È rilevante l’aspetto contabile amministrativo ma lo è altrettanto la territorializzazione delle prestazioni sanitarie. Vedremo ciò che troveremo». Vedere, vedere. Altrimenti “messe” non ne canta Longo anche se sul debito “monstre” di Calabria lo avranno in qualche modo informato, non fosse altro per gli zeri che si porta appresso. «Dicitur, il “si dice”, è un modo di dire che non mi piace» ha chiuso la parte “contabile” Longo. E come dargli torto del resto. Tra bilanci sulla sabbia e fatture pagate tre o quattro volte da aziende sanitarie e ospedaliere non resta altro che “vedere”. Non ci sono altre vie. Oppure si fa aiutare da “Maria”, come ha fatto Cotticelli. Salvo accorgersi poi un giorno che il rischio è diventare solo ospiti nell’ufficio…
I.T.