Scacco ai beni dei clan, sequestrato un mln a imprenditore

Leonardo Dellavilla era già stato coinvolto nelle operazioni Bellu lavuru e Mandamento Ionico

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore  Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria – presieduta da Ornella Pastore – su richiesta dei sostituti procuratori, Antonella Crisafulli e Diego Capece Minutolo, che dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni immobili e rapporti finanziari, per un valore complessivo stimato in circa un milione di euro, nei confronti di Leonardo Dellavilla cl. ’75, imprenditore operante nel settore della ristorazione in Bova Marina (RC) e zone limitrofe, indiziato di intraneità al gruppo mafioso “Vadalà”. La figura di Dellavilla, già indagato per l’omicidio Marino nel 2001, era già emersa nell’ambito delle operazioni “Bellu Lavuru” del 2008 e “Mandamento Ionico” del 2017, entrambe condotte dall’Arma dei Carabinieri e coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. L’operazione “Bellu lavuru” si era conclusa nel mese di giugno 2008, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 42 soggetti – tra cui il predetto Leonardo Dellavilla, perché ritenuto – tra l’altro – “affiliato alla ‘ndrangheta, nella sua articolazione territoriale denominata “cosca VADALA’”, operante nel territorio di Bova Marina (RC) e diretta dal proprio suocero Domenico VADALA’, detto “Micu ‘u lupu””. L’operazione “Mandamento Jonico”, conclusasi nel mese di giugno 2017, aveva consentito di inscrivere nel registro degli indagati 291 soggetti ed eseguire provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 116 soggetti – tra cui Leonardo Bellavilla, per il reato “di cui all’art.416 bis c.p. quale partecipe della “locale” di Bova in concorso con il suocero detenuto”. Ed ancora, l’appartenenza alla consorteria criminale dei “Vadalà” da parte del Dellavilla era emersa anche nell’ambito delle indagini svolte nell’operazione “‘ndrangheta Stragista”. Alla luce di tali risultanze investigative, ovvero anche in considerazione del contenuto di una specifica e circostanziata segnalazione trasmessa dal Servizio centrale Investigazione criminalità organizzata della Guardia di Finanza alla Compagnia Melito Porto Salvo nell’ambito dell’attività progettuale convenzionalmente denominata “Good Company”, la locale Dda delegava alla citata Compagnia territoriale apposita attività d’indagine, a carattere economico/patrimoniale, volta all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili a Leonardo Bellavilla e al suo nucleo familiare, finalizzata all’applicazione di una misura di prevenzione e patrimoniale. In tale contesto, il Reparto territoriale in questione – valorizzando le funzioni proprie della Guardia di Finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni forma di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del Paese e di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati – ha ricostruito, attraverso articolati approfondimenti sulle transazioni economico finanziarie e patrimoniali effettuate negli ultimi 20 anni, il patrimonio complessivamente accumulato dal nucleo familiare di Dellavilla. In estrema sintesi, gli accertamenti eseguiti hanno evidenziato una significativa, ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e il patrimonio posseduto, anche per interposta persona, ma soprattutto, la natura mafiosa del proposto, anche quale imprenditore espressione della cosca di riferimento. L’affermazione e la crescita degli illeciti progetti imprenditoriali di Leonardo Dellavilla, genero di Domenico Vadalà, alias “Micu ‘u lupu” (capo dell’omonima cosca mafiosa) sono risultati essere stati sostenuti dal legame, anche di natura parentale, del predetto con la ‘ndrangheta”; le precedenti investigazioni, infatti, avevano consentito di dimostrare che l’odierno proposto, oltre ad appartenere alla consorteria criminale, ha anche goduto di una posizione di privilegio all’interno della stessa. Più nello specifico, invece, l’attività investigativa ha permesso ai Finanzieri della Compagnia Melito Porto Salvo, da un lato, di tracciare analiticamente, fin dal 2001, la qualificata pericolosità sociale del proposto, soggetto ritenuto dal Tribunale di Reggio Calabria “gravemente indiziato di appartenenza ad associazione di stampo mafioso”, dall’altro, di ricostruire ed individuare le possidenze patrimoniali e finanziarie nella disponibilità, diretta ed indiretta (tramite i suoi familiari e un terzo soggetto), di Dellavilla, in parte acquisite nel tempo in maniera illecita o, comunque, risultate ingiustificatamente sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati dal nucleo familiare del medesimo. In maniera parallela, l’attenzione degli investigatori si è concentrata, tra l’altro, sul presunto ruolo assunto, nel tempo, da un terzo soggetto, tale C.C. (cl. ‘40), deceduto nel 2015, incensurato, cieco assoluto dalla nascita ed ex dipendente statale in pensione. Da quest’ultimo, come emerso dalle indagini, Dellavilla avrebbe nel tempo drenato ingenti somme di denaro accumulate dal predetto soggetto disabile, ritenuto insospettabile, in maniera “sproporzionata ai redditi da pensione percepiti”. Ciò sarebbe avvenuto, viste le “condizioni di minorità del predetto”, attraverso l’utilizzo di conti correnti cointestati, polizze vite e, addirittura, con la stipula di una procura speciale contratta poche settimane prima della morte di C.C., utilizzata poi in data successiva al decesso di quest’ultimo per effettuare ulteriori atti di disposizione patrimoniale.