Allarme “tedesco” nella sanità di Calabria…

Il caso Dussmann, il colosso europeo dei servizi resi ad Asp e ospedali. Nell'ultima inchiesta della Dda di Catanzaro sugli intrecci vibonesi il coinvolgimento (non diretto) dell'azienda con l'arresto di un (ex) dipendente

C’è grande allarme nel “ventre” dei grossi appalti in sanità dopo i particolari emersi dall’ultima inchiesta della Dda di Catanzaro, il fascicolo “Maestrale Carthago” che punta a fare luce sull’intreccio perverso (e crimonogeno) tra politica e massoneria nel Vibonese. Da che mondo è mondo è questo l’epicentro dei lati oscuri di Calabria. I magistrati guidati da Nicolla Gratteri, che firma in testa l’inchiesta, sospettano l’assegnazione di appalti consegnati dall’Asp di Vibo secondo logiche d’appartenenza (anche) alla ‘ndrangheta. Con una novità di rilievo, rispetto al classico canovaccio. Il coinvolgimento, assolutamente non diretto, di un vero e proprio colosso delle fatture che contano nelle Asp e negli ospedali di Calabria e cioè la multinazionale tedesca Dussmann, impegnata a Vibo anche nella gestione della ristorazione ma di fatto ben presente in tutti i settori e soggetto proponente pure nel resto della regione a partire da Cosenza dove il colosso sarebbe protagonista, nei confronti dell’Asp guidata dall’ormai direttore generale Graziano, di una proposta di partenariato pubblico-privato da decine e decine di milioni di euro. Una di quelle proposte, la nuova formula che va di moda per abbreviare liturgie e tempi, che non si possono proprio rifiutare tanto è importante e onnicomprensiva. Cosenza quindi ma non solo, a parte Vibo ovviamente che fornisce cronaca per la Dda. Da qui il grande allarme dentro e fuori le Asp perché il fiato sul collo della distrettuale antimafia, dopo l’ultima incursione vibonese, appare a tratti ingestibile.
Secondo i magistrati di Catanzaro Dussmann sarebbe entrata in affari, dentro l’Asp di Vibo, grazie all’intercessione di un vero e proprio referente delle cosche di Mileto, Filandari, Zungro e Cessaniti. Referente poi regolarmente assunto e poi sospeso non appena sono scattate le manette per lui. L’azienda ha subito precisato di non rispondere e di non conoscere il retaggio individuale del proprio ex dipendente, e ne prenderne totalmente le distanze. Ma secondo quanto risulta invece dalle carte della Dda di Catanzaro non si tratterebbe in verità soltanto di un dipendente tra gli altri, Gregorio Coscarella, «nipote del boss Rosario Fiaré e dipendente della Dussmann – riporta “il Fatto Quotidiano” qualche giorno fa -, la società aggiudicatrice dell’appalto che lo aveva “fittiziamente assunto – scrivono i pm – con la mansione di cuoco”.
In realtà Coscarella era “l’effettivo dominus dell’appalto per conto della criminalità organizzata”». Il personaggio chiave è Domenico Colloca, detto ‘Mubba’, uno dei 61 fermati perché ritenuto “appartenente alla ‘ndrangheta”. Sempre secondo quanto riportato da “il Fatto Quotidiano” Colloca «si poneva “quale imprenditore di riferimento del sodalizio, soprattutto nel settore dei catering, delle mense scolastiche e ospedaliere”. Proprio in quest’ambito, Colloca avrebbe stretto “accordi corruttivi con dirigenti dell’Asp di Vibo Valentia” come Cesare Pasqua, l’ex direttore del Dipartimento di prevenzione. Con lui avrebbe fatto valere ‘il peso ‘contrattuale’ ed elettorale dell’articolazione ‘ndranghetistica di appartenenza”». «Il profilo di Colloca tracciato dagli inquirenti nel capo di imputazione è impietoso.
Se da una parte, infatti, i pm spiegano che l’indagato “reinvestiva denari provenienti da altri sodali nelle imprese di famiglia, si occupava del sostentamento dei sodali detenuti, partecipava a spedizioni punitive e si occupava della redistribuzione dei proventi estorsivi”, dall’altra viene
descritto come “strettamente collegato al tessuto politico-istituzionale e massonico vibonese”».
È Colloca quindi che muove le carte e fa la partita con gli emissari di Dussmann. L’obiettivo è stringere un patto corruttivo con Cesare Pasqua, l’ex direttore del dipartimento Prevenzione dell’Asp di Vibo. È sempre Colloca, secondo le carte della Dda, ad individuare il “finto cuoco” in Coscarella, poi assunto dalla multinazionale. «Attraverso il finto cuoco, quindi, con la sua ‘Arte del Catering’ Colloca aveva stabilito prima “un accordo commerciale con Orazio Cuozzo e Giovanni Aloi, responsabili locali della Dussmann’ (non indagati) e poi ha raggiunto “un accordo corruttivo con Cesare Pasqua” che all’interno dell’Asp era “preposto al rilascio delle
autorizzazioni igienicosanitarie indispensabili per la prosecuzione dell’attività
di somministrazione dei pasti presso le strutture nosocomiali”». La multinazionale a fare utili nel settore della ristorazione nosocomiale, e non solo in quello. E Pasqua a ricavare appoggio elettorale nei confronti del figlio Vicenzo (ex consigliere regionale poi non rieletto). «In sostanza, “in cambio della propria garanzia sulla prosecuzione del sub-appalto”, il dirigente Pasqua otteneva “il supporto elettorale da destinare al figlio Vincenzo Pasqua candidato al Consiglio regionale della Calabria”. È tutto scritto in un’intercettazione registrata dai carabinieri il 26 settembre 2018 quando Colloca incontra i referenti della Dussmann nel territorio Giovanni Aloi e Orazio Cuozzo. “Quest’ultimo – si legge nel provvedimento di fermo -è molto preoccupato dai problemi che potrebbe arrecargli il dirigente sanitario Pasqua e chiede a Colloca se ha avuto modo di incontrarlo”. “So già cosa vuole – è la risposta di Colloca – non vuole soldi, cioè credo! Siccome lui sa che io sono messo bene in politica qui in zona ed il figlio si deve ricandidare alla Regione, secondo me mi vuole mettere con lui”.
Il “prezzo dell’accordo corruttivo” è chiaro e, se serve a convincere il dirigente dell’Asp Cesare
Pasqua, Cuozzo mette sul piatto pure le entrature politiche della sua azienda». Entrature che con mancano mai per Dussmann, e ci mancherebbe altro. Ieri un colore politico, oggi certamente un altro e in gran parte Azzurro di Forza Italia. A più livelli.
Appalti, politica, massoneria, affari. Ognuno fa il suo finché non arriva la Dda. E scatta l’allarme nel ventre degli appalti in sanità. Vibo è storia, ormai. Ma la tensione non è da meno in giro, a cominciare da Cosenza e dai suoi partenariati pubblico-privato…

I.T.