Record di morti per Covid in Calabria in un giorno solo, ben 17. 321 positivi ma soltanto 2060 tamponi tant’è che l’indice di positività resta sopra la media nazionale, al 15,7% contro il 15,4 dell’intero Stivale. Significa che dove ci sono 20 persone, dalle nostre parti, ci sono potenzialmente 3 positivi con tutto quello che ne consegue dal momento che sull’asintomatico ormai si gioca la partita (secondo l’Oms è responsabile del 60% dei contagi complessivi). Il tutto senza contare che giacciono nei frigoriferi spesso improvvisati dei laboratori di Asp e ospedali calabresi migliaia di boccettine in attesa di essere processate, dati che poi andranno ad incidere sul “giornaliero” e che però, di fatto, fotografano una realtà ormai andata consegnando agli esperti l’impossibilità del tracciamento.
È il 23 novembre del 2020, il quarantesimo e maledetto compleanno del terremoto in Irpinia. Sulla carta la Calabria dovrebbe essere off limits, o quasi. Con limite assoluto negli spostamenti tra comuni e in ogni caso con un senso anche dentro. E invece, a scorgere dietro le finestre o guardando da dietro un finestrino di un’auto, sembra un giorno qualunque sia pure sospeso tra mascherine chirurgiche tenute al braccio e chiacchierate nelle case ad origliare cosa sarà delle feste di Natale nel mentre gli ospedali hub della regione sono tutti sotto stress. Quello più grosso, che deve salvare la pelle a più persone, è letteralmente assediato. Se può servire l’Annunziata di Cosenza a misurare la “febbre” ecco il termometro. 22 pazienti Covid che giacciono in pronto soccorso in attesa che si liberi un posto letto da qualche parte, possibilmente caldo. Il reparto, manco a dirlo, è pieno e non basta disegnare sbancamenti il giorno, a sera quei 22 sempre su brandine in pronto soccorso restano. Sono 17 i malati Covid gravi in terapia intensiva, che a sua volta ne ha destinato 20 complessivamente al virus sui 28 totalmente disponibili perché poi c’è sempre l’infarto, l’ictus, gli incidenti stradali. Per quattro quinti l’intensiva Covid è piena e se va avanti così non resterà che “sforare” in altri posti così da dover scegliere, un giorno o l’altro, se salvare la pelle ad un infartuato o a una polmonite bilaterale intertiziale. Eppure qualcosa non torna.
È il 19 marzo di quest’anno. È piena prima pandemia Covid, sullo sfondo dentro le tv le bare di Bergamo e la paura matta solo di andare a fare la spesa. Il lokdown è totale e paralizzante, sguardi di Calabria rabbuiati dietro le finestre. È il giorno della festa del papà e la regione registra l’incremento più alto da un giorno all’altro (più 40 casi) e uno dei punti massimi dell’intera ondata pandemica. È panico nazionale collettivo, Calabria compresa o forse di riflesso ma comunque si adegua. Si contano 169 positivi in tutto su 1769 tamponi effettuati. Siamo al 9,5% nel rapporto positivi-tamponi e di casa non esce nessuno.
Oggi nella Calabria in “zona rossa” (si fa per dire) i positivi in più in un giorno solo sono 8 volte di più rispetto ad allora a fronte, soltanto, di tre volte tanto i tamponi ed è per questo che l’indice di positività oggi è al 15,7% e il 19 marzo al 9,5%. «Siamo stati tutti in casa per i morti di Bergamo e oggi che ce li abbiamo anche noi non si capisce niente e ognuno fa quello che gli pare» commenta une vecchia guardia dell’Annunziata. «Vogliono nascondere la realtà in maniera irresponsabile, adesso che inizia l’influenza sarà un casino». Ma ormai è andata, il messaggio non è entrato. O forse non è mai partito. E non è facile farlo entrare proprio ora…
I.T.