Ad ogni azione corrisponde una reazione. Da qualche parte uno scienziato di periferia deve averla detta questa cosa da niente (Newton). E chissà se ne ha coniato uno su misura, di aforisma, per le pubbliche amministrazioni. Perché la “cosetta”, lì dentro, vale al quadrato. Anche ad una “non azione”, nei Palazzi dei soldi pubblici, corrisponde una reazione. Eccome. Maggiorata pure di interessi e penali (sempre con i soldi di Pantalone).
Più o meno un anno fa Raffaele Mauro, direttore generale dell’Asp di Cosenza, sospende i pagamenti a favore dei Nuclei di valutazione primaria di Paola e Valle Crati. Non è un atto rituale né partorito a cuor leggero, Tutt’altro.
È un atto che Mauro percepisce a quel punto come necessario perché i due direttori di distretto dell’epoca (Bernaudo e Straticò) attestano con firma in calce che quelle prestazioni, sostanzialmente, non possono essere liquidate per la semplice (e sconcertante) ragione che non sono state effettuate. O comunque non tutte. O non nella misura in cui sono state esibite. Costi di gestione delle strutture sì, ma accessi di prestazioni mediche non nella misura presente nelle fatture. Firmato, i direttori di distretto dell’epoca per quanto riguarda Paola e Valle Crati.

E scusate se è poco. Ne nasce un procedimento disciplinare nei confronti dei direttori di distretto che vengono anche sentiti in commissione. La vicenda è complessa e contorta, il destino professionale dei due direttori (ex) di distretto meriterebbe una trattazione a latere, tanto è singolare la faccenda. Ma tant’è. Vale solo la pena di ricordare che oggi non ricoprono più quel ruolo così ognuno, “double face” e cioè a seconda dell’idea che s’è costruito in materia, può scegliersi la spiegazione (se cioè sono stati rimossi perché scomodi o perché, al contrario, hanno sbagliato qualcosa di importante).
Ma questa è tutta un’altra storia. Fatto sta però che un anno fa Raffaele Mauro è “costretto” a sospendere immediatamente la liquidazione dei nuclei di valutazione primaria (anche perché ampiamente “fuoriuscita” preventivamente sulla stampa). Troppo evidente la discrasia tra quello che c’è da pagare e quello che attestano i responsabili delle aree sanitarie in questione. E il dg, che di mestiere deve fare (per legge) quello che fa spendere meno soldi alle casse pubbliche e non di più e soprattutto quelli realmente necessari e documentati, alza il freno a mano «stante le rivisitazioni di quanto espresso con le note…» che poi sono i documenti di Bernaudo e Straticò. Clamorosamente il freno a mano. Ma non spegne il “motore” della macchina. Frena, toglie la marcia, alza il freno a mano ma resta con il minimo acceso.

E qui torniamo a Newton, che applicato alle pubbliche amministrazioni vale al quadrato, se non di più. La delibera di pagamento n° 1467 del 26 luglio dello scorso anno non è stata revocata, annullata. È stata solo sospesa. Quanto può rimanere “sospesa” una delibera di pagamento? È un’area di “parcheggio” rituale, legittima, senza tempo quella della sospensione di un pagamento? Una cosa che non si può (più) liquidare, nella pubblica amministrazione, deve essere revocata e semmai riemessa dopo ulteriori verifiche con altra data e numero? E cos’altro può fare il beneficiario di una delibera di pagamento che è sospesa ma non annullata? Ovviamente ricorso, ne è persino costretto, la pubblica amministrazione e le pubbliche forniture funzionano così. Così come è costretta ad opporsi l’Asp stessa, a difendersi in giudizio. Ma con quale forza? Con quali argomenti se un numero di delibera in essere e datato un anno fa non è stato annullato ma solo sospeso?

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Morale della favola, che facciamo prima, è datata 6 giugno la delibera 1061 con la quale l’Asp dispone la liquidazione di 338mila euro e rotti al nucleo di cure primarie di Paola, l’Associazione Mediterraneo. Non lo ha deciso l’Asp di pagare nei tempi e nei modi, ma lo ha sentenziato un giudice dopo una (inevitabile) causa vinta dal beneficiario (e che non si poteva perdere). E il Palazzo della salute non poteva che obbedire. Ed è sempre datata 6 giugno, un giornatone quindi, un’altra delibera di liquidazione questa volta a favore dei nuclei di cure primarie Valle Crati (Montalto), “Studio medico associato…”. Anche qui in “ossequio” ad una sentenza che riconosce 140mila euro e rotti su una cifra complessiva richiesta di 326mila euro. È stato fatto per ora uno “sconto”, è andata bene. E così la legge è legge. Il giudice riconosce il credito che nessuno ha annullato e il dg Mauro, che non gestisce soldi suoi lì dentro, non poteva fare altro che disporre la liquidazione tre giorni fa. Quando arriva un decreto ingiuntivo c’è poco da fare, la pubblica amministrazione non ha molta scelta. Altro è poi chiedersi se si poteva fare qualcosa per evitare l’ingiunzione ma qui bisogna per forza scomodare Newton e la sua “azione che scaturisce una reazione”. O la “non azione” che ne scaturisce un’altra di reazione, maggiorata di interessi e spese legali…
I.T.